PROLOGO
Il Detective Peter
Denyse si guarda un’ultima volta intorno per essere certo che tutto vada bene
poi scambia un cenno d’intesa con il capo della squadra SWAT che lo assiste in
questa operazione.
Un
agente munito di ariete sfonda la porta di una casa del Lower East Side di New
York che secondo le informazioni ricevute dovrebbe essere un laboratorio
clandestino di metanfetamine. Un attimo dopo la casa dove stavano per fare
irruzione è sventrata da un’esplosione.
Una
trappola, pensa Peter mentre viene sbalzato all’indietro ed una vampata di
calore lo avvolge. Il suo ultimo pensiero cosciente è il nome di una donna.
(CAVALIERI MARVEL)
N° 106
SERVIZI SPECIALI
1.
Site
nell’esclusivo Upper East Side di Manhattan, le due Solomon Towers non sono
certo famose per la loro apparenza esteriore. Anzi, si potrebbe dire che non
sono che l’ennesimo, impersonale, esempio di ipertrofica architettura cubista.
Due torri di 40 piani ciascuna costruite con i più moderni criteri
architettonici che ospitano gli uffici di importanti compagnie.
Uno
di questi uffici si trova al ventesimo piano della Torre Ovest ed è appena
stato inaugurato. Sul vetro smerigliato della porta d’ingresso, che impedisce
di vedere all’interno, c’è una semplice insegna in lettere dorate in rilievo
che recita: “B.W. Services”. Fondatrice e proprietaria di questa agenzia
specializzata in servizi e consulenze nel campo dell’intelligence e della
sicurezza è una bellissima donna dai lunghi capelli rossi e penetranti occhi verdi
Il suo nome corretto è Natalia Alianovna Romanova. Russa di nascita, americana
d’adozione, è meglio nota in Occidente come Natasha Romanoff, ed in tutto il
Mondo come la letale Vedova Nera, superspia internazionale free lance e
supereroina in costume a tempo perso. Negli ultimi mesi era uscita forzatamente
dal giro a causa di una gravidanza problematica[1]
ma ora che ha finalmente partorito è decisa a rientrarvi alla grande.
Nella grande sala riunioni in cui si
trova una squadra gli uomini e le donne davanti a lei poi dice:
-Vi ringrazio di
essere venuti ed aver risposto tutti al mio invito. In buona parte vi conoscete
già ma permettetemi di fare le presentazioni.-
Indica un uomo alto oltre un metro e
novanta dal fisico tonico e folti capelli bianchi.
-Alphonso “Mack”
MacKenzie, ex agente della C.I.A. prima e dello S.H.I.EL.D. poi. Oggi è uno
scrittore di successo. I suoi thriller sono sempre nella lista dei best seller
del New York Times e sono stati adattati in una popolare serie televisiva.-
-Troppo buona.-
commenta l’uomo accennando un sorriso.
-Kathryn O’Brien è
anche lei un ex agente della C.I.A. che ha lasciato l’Agenzia dopo una missione
in Asia Centrale di cui non si conoscono i particolari.-
-E non li saprete da
me.- replica, decisa, la giovane donna, anche lei con i capelli rossi e gli
occhi verdi.
Natasha passa ad altre due donne:
una bruna in tailleur scuro
-Lola Braccia è un ex
agente della Divisione Sicurezza Nazionale dell’I.C.E.[2] che
ha lasciato il servizio dopo aver dato un pugno ad un superiore.-
-Se lo meritava.- è il laconico commento della
donna.
-Posso testimoniarlo, se serve.- aggiunge un
uomo dai capelli neri sulla quarantina.
-Phil Dexter era anche lui un agente
dell’I.C.E. nonché di altre agenzie anche internazionali, ed anche lui ha
lasciato il servizio per dissensi con i superiori.- spiega Natasha.
-Puoi anche dire che mi hanno cacciato a calci,
non mi offendo.- ribatte Dexter.
Natasha replica con un
sorriso poi il suo sguardo si sofferma su una ragazza bionda
con i capelli a coda di cavallo che indossa t-shirt e Jeans.
-Emmy Doolin è
canadese ed è capace di uccidervi con vari tipi di armi.-
La ragazza fa un breve sorriso
mentre Natasha passa ad un’altra donna anche lei bionda.
-Jill Harper era
membro speciale squadra penitenziaria del F.B.S.A. nota come Guardiani. È
rimasta ferita durante una recente evasione dalla Volta.[3]
Nulla di serio ma è bastato per decidere di rimuoverla dal servizio attivo. A
quanto pare, trova frustrante il lavoro ad una scrivania e smania per
l’azione.-
-Posso capirla.-
A parlare è stato un afroamericano
massiccio, dalla testa rasata che veste un impeccabile completo nero.
-Anche Chris Elder
era un agente del F.B.S.A. ferito in servizio. Ora ha una licenza di
investigatore privato.
-Insomma siamo tutti
un bel gruppetto di spie e tutori dell’ordine in pensione più o meno forzata.-
L’ultimo commento è di un altro
afroamericano sui quarant’anni alto, snello e muscoloso con una benda nera
sull’occhio sinistro.
Natasha sogghigna e dice:
-Il signore che ha
appena espresso un suo commento è Rufus Carter, anche lui ex agente della
C.I.A. nonché campione di kickboxing e di altre forme di combattimento con mani
e piedi. È stato anche attore per un po’.-
-Chiamarsi Carter ed
essere senza un occhio sono forse requisiti preferenziali per fare le spie
negli Stati Uniti?- chiede, sarcastica, Emmy Doolin.
Kathryn O’Brien emette un suono
indecifrabile e scuote la testa.
-Ho detto qualcosa di
sbagliato?- chiede candidamente la giovane canadese.
-Non per quanto mi
riguarda.- replica Carter -Ho perso l’occhio durante una missione ed è il
motivo per cui mi sono ritirato. Quanto al mio cognome… forse gli antenati di
Sharon Carter possedevano i miei ai tempi della schiavitù, chi lo sa? Non ho
mai ritenuto importante approfondire la questione.-
-Suppongo che a
questo punto vi chiederete perché vi ho convocati qui.- dice Natasha.-
-In realtà me lo
immagino.- replica Chris Elder. -Ma se Miss Romanoff vuole spiegarcelo…-
-Beh, è davvero molto
semplice.- dice lei -Di certo saprete che di recente sono diventata madre di
due splendidi gemelli.[4]
Questo mi ha costretta a riorganizzare la mia vita. Non sono il tipo da restare
a casa tutto il giorno a badare ai figli ma nemmeno intendo venir meno ai miei
doveri di madre, così ho pensato che quello che non potevo più fare da sola
avrei potuto farlo con l’aiuto di collaboratori qualificati.-
-Un’agenzia privata
specializzata in servizi di intelligence?- esclama Phil Dexter -Se la paga è
buona, ci sto.-
Gli altri fanno commenti analoghi e
Natasha sorride poi replica:
-Sì, la paga è buona
ed abbiamo già i primi clienti.-
I due schermidori si affrontano in
un gioco di parate e affondi. È il più piccolo ad avere la meglio toccando più
volte l’avversario che alla fine arretra ed abbassa a sua lama in segno di
resa. Si toglie la maschera rivelando il volto di un uomo di oltre
cinquant’anni dalla barba ed i capelli bianchi.
-Ottima prova,
Adeline, ma non una delle tue migliori.- dice -In un paio di occasioni ti sei
scoperta troppo e ti è andata bene che non sia riuscito ad approfittarne.- le
dice parlando Francese.
Anche l’altro schermidore si sfila
il casco mostrando così di essere una ragazza di circa vent’anni dai lunghi
capelli castani che ribatte nella stessa lingua:
-Alla fine ho vinto,
Philippe. Non è questo quello che conta?-
-Conta anche come si
vince e tu… tu non ci stavi mettendo il cuore, cosa che dovrai fare se intendi
vincere i campionati. Che ti succede Ada? È da quando sei tornata dalle tue
vacanze in Europa centrale che sei…assente. Qualcosa ti preoccupa?-
Adele Javert si stringe nelle spalle
e replica:
-Non è nulla,
Philippe. Va tutto bene, credimi.-
Ma per il suo allenatore non è
abbastanza convincente.
Il Centro per Donne Maltrattate
Maria Stark è ospitato in una palazzina nel Lower East Side di Manhattan e,
come fa capire il suo nome, è finanziato dall’omonima Fondazione. Non ci sono
insegne a pubblicizzarlo e del resto la maggior parte delle ospiti preferisce
che il luogo dove si trovano resti segreto, ma sapete cosa si dice dei segreti…
non restano mai tali troppo a lungo.
L’uomo che guarda la palazzina dalla
lente di un teleobiettivo è vecchio ed ha lo sguardo cattivo.
-E così hanno portato
lì le mie puttane.- dice parlando in Rumeno -Bene, ce le riprenderemo
stanotte.-
-Vlad l’Impalatore ha
detto…- prova ad obiettare uno degli uomini con lui.
-Me ne frego di quel
che ha detto Vlad.- replica il vecchio, il cui nome è Tiberiu Bulat -Quelle
donne le ho pagate e sono mie. Le rivoglio e nessuno mi impedirà di
riprendermele.-
2.
Il Ducato di
Lichtenbad è appena un puntino a malapena visibile sulla carta geografica
dell’Europa ma per quanto piccolo sia mantiene una missione permanente presso
l’Organizzazione delle Nazioni Unite, una missione piccola, per carità, appena
due stanze in uno degli ormai storici edifici del complesso dell’ONU a Turtle
Bay, sull’East River a New York, ma il suo ambasciatore non manca mai di far
sentire la sua voce durante le sessioni dell’Assemblea come sta avvenendo oggi.
Si tratta di una sessione
straordinaria indetta dopo che quella regolare è stata interrotta in modo
spettacolare e drammatico da Magneto[5]
e proprio il Signore del Magnetismo è l’oggetto dell’attuale discussione.
Dalla tribuna degli spettatori una
ragazza bionda che dimostra a malapena 18 anni segue il dibattito con noia
crescente. Nel suo accredito c’è scritto: Belinda Swann studentessa ma non è
esattamente la verità. La ragazza è effettivamente una studentessa
universitaria del primo anno all’Empire State University ma non si chiama
Belinda Swann bensì Nina McCabe ed in certi ambienti la conoscono come Cigno
Nero, una delle migliori killer a pagamento indipendenti della Costa Orientale
degli Stati Uniti e forse del mondo.
Non è qui per caso: deve uccidere un
uomo, lo stesso che sta parlando adesso. Il Principe Rupert di Lichtenbad, capo
della delegazione del suo paese all’ONU e zio dell’attuale giovane Duca
regnante, non immagina che suo nipote lo voglia morto ma perché Klaus II ha
ingaggiato proprio una come lei per un compito che sembra tanto semplice? C’è
qualcosa che le sfugge e Nina vorrebbe tanto sapere cos’è.
Il sole è appena calato quando tre
auto ed un piccolo furgone frenano bruscamente davanti al Centro per Donne
Maltrattate Maria Stark e ne scendono rapidamente degli uomini armati guidati
da un uomo anziano dagli enormi baffi bianchi che grida secchi ordini in una
lingua dell’Est Europa.
Lo ha fatto davvero, proprio come
diceva quella poliziotta, il Tenente Molly von Richthofen. L’audacia di quel
vecchio gangster rumeno è davvero sorprendente, pensa l’eroe noto come Leopardo
Nero apprestandosi a saltare dal tetto dove si trova.
Una voce di donna echeggia
improvvisamente nell’auricolare incorporato nella sua maschera:
<<Questi posso
ucciderli, Mio Signore?>>
-Solo se
assolutamente indispensabile, Okoye.- replica lui -Niente violenza eccessiva….
E non chiamarmi Mio Signore.-
Dall’altra parte arriva un profondo
sospiro poi la donna chiamata Okoye replica:
<<Cercherò di
contenermi…Mio Signore.>>
Il Leopardo Nero ridacchia sotto la
maschera quindi salta dal cornicione dov’era appollaiato e per qualche secondo
è in caduta libera, poi allunga le mani ed afferra una vicina asta di bandiera.
Si dà lo slancio con un’elegante capriola ed atterra sui piedi proprio in mezzo
ai gangster.
-Ehi è quel tizio… la
Tigre Nera!- esclama uno di loro.
-Felino sbagliato.-
replica lui sferrando un calcio alla caviglia dell’avversario più vicino.
Diversamente dall’Uomo Ragno e
perfino Devil, il Leopardo Nero non sente la necessità di dire battute durante
il combattimento, si limita a colpire con spietata efficienza. Provano a
sparargli ma lui spicca un salto sopra le loro teste con il risultato che due
gangster si uccidono a vicenda ed un altro si accascia ferito.
Non prova piacere nel prendere una
vita umana e preferisce evitarlo finché è possibile ma non prova nemmeno alcun
rimpianto o pietà per la sorte di uomini che si arricchiscono sulle miserie
degli indifesi.
Piomba di nuovo in mezzo a quelli
rimasti in piedi e con poche mosse li sistema uno dopo l’altro poi si guarda
intorno. Il portone è spalancato: gli altri, guidati da Tiberiu Bulat, sono entrati.
Si troveranno di fronte Okoye: li compiange.
La ragazza arriva in quella stazione di
servizio nel bel mezzo del Texas orientale che è ormai calato il sole. Forse è
scesa dal greyhound che è appena ripartito o forse le ha dato un passaggio
qualche automobilista. Chi può saperlo?
È giovane, forse ancora
minorenne, ma è carina: lunghi capelli biondi, occhi azzurri, forme ancora
acerbe ma giuste. È carina, forse troppo.
Mentre compra una
bibita viene nottata da alcuni camionisti che si scambiano un‘occhiata d’intesa
poi la seguono all’esterno. Il loro sguardo è quello di predatori che hanno
adocchiato una preda facile, forse troppo.
-Ehi, piccola, hai bisogno di un passaggio?-
chiede uno di loro.
La
ragazza si volta e li squadra. C’è timore nei suoi occhi quando risponde:
-Io…non so. Devo andare a Nord.-
-Questo non è un problema. Naturalmente dovrai
pagare.-
-Non… non ho soldi.-
-Non è ai soldi che pensavamo, vero ragazzi?-
La
risposta degli altri è una serie di risatacce. Non le danno nemmeno il tempo di
provare a scappare. La afferrano e la trascinano dietro i camion, la spingono
su un cofano e mentre due la tengono ferma un altro le sgancia i pantaloni.
-Io non lo farei se fossi in voi.-
La
voce ferma li spinge a voltarsi. Davanti a loro c’è un afroamericano sui
quarant’anni., alto, snello ma robusto, veste una t-shirt, un paio di jeans e
stivali. L’occhio sinistro è vistosamente coperto da una benda nera.
-E tu chi saresti?- ribatte uno dei camionisti
-Il buon samaritano?-
-Sono uno che vuole darvi una possibilità di
andarvene pacificamente prima di rompervi le ossa.- replica il nuovo venuto con
calma.
I
camionisti ridono. Il loro avversario è solo e disarmato e loro sono più grossi
di lui. Lo sistemeranno facilmente.
Quando
capiscono il loro errore è ormai troppo tardi.
3.
Si muovono con rapidità
ed efficienza, più come un commando paramilitare che come una banda di
criminali ed in effetti sono quasi tutti reduci di guerre che l’opinione
pubblica preferisce dimenticare.
Dovrebbero
essere sorpresi della quasi totale assenza di guardie armate ma si sa: gli
americani sono stupidi. Hanno sicuramente pensato che nessuno avrebbe mai
assalito un posto del genere in pieno centro di Manhattan, si dice Bulat.
C’è
un uomo in uniforme proprio davanti ad una porta chiusa. Due colpi al petto ed
è sistemato. Tiberiu Bulat passa oltre il suo corpo steso a terra ed apre la
porta. Ci sono tre ragazze all’interno. Una ha i capelli biondi e veste un
abito rosso.
Si
volta di scatto impugnando una pistola Sig Sauer calibro 9 ed intima:
-Tiberiu Bulat, in nome della legge sei in
arresto!-
Il
vecchio esita solo un istante poi fa fuoco ordinando ai suoi:
-Uccidete quella troia e le sue amiche!-
-Che linguaggio disdicevole per un caro
vecchietto.- replica la ragazza in questione mentre si getta a terra sparando
Le
altre donne, una rossa e l’altra, pure lei bionda ma di una tonalità più scura
e i capelli più lunghi, la imitano e si scatena un violento conflitto a fuoco
-È una trappola!- esclama uno dei gangster.
-Siete davvero svegli.- commenta la prima donna
rotolando sul pavimento e continuando a sparare -Magari avete anche capito che
non ci siamo solo noi tre.-
Come
a sottolineare le sue parole, la guardia che è stata abbattuta poco prima si
muove ed impugnata la pistola e comincia a sparare a sua volta.
Presi
tra due fuochi i gangster non ci mettono molto a capire che è meglio battere in
ritirata ma quelli che riescono a sganciarsi dalla sparatoria si trovano di
fronte una giovane donna di colore che indossa un abitino aderente rosso, porta
sul viso una mascherina nera, una faretra piena di frecce sulle spalle, un arco
a tracolla ed impugna una lunga lancia.
-E questa chi è?- si chiede uno degli uomini.
-Sono Okoye.- replica lei con colma -E vi do
una sola opportunità di arrendervi prima di uccidervi tutti.-
-Fate fuori questa negra!- intima Bulat.
Okoye
socchiude gli occhi e solleva la sua lancia
L’afroamericano con
la benda sull’occhio sinistro guarda la ragazzina bionda davanti a lui e le
chiede:
-Tutto bene?-
-S… sì.- risponde lei
ancora scossa -Loro…-
Lui guarda verso i tre uomini stesi
a terra e replica:
-Non faranno del male
a nessuno per un bel pezzo e spero che per quando usciranno dall’ospedale
avranno imparato la lezione, altrimenti…-
Lascia in sospeso la frase e si
rivolge alla ragazza:
-Il tuo accento è
dell’Alabama giusto? Sei un bel po’ lontana da casa. Non dirmi che sei arrivata
fin qui a piedi.-
-Ho… ho preso un
autobus e poi ho fatto l’autostop.-
-Un’idea un po’
pericolosa visto come è andata a finire. Da che o da chi stai scappando,
ragazzina?-
-Come… come fai a…?-
-Direi che è ovvio.
Sei troppo giovane per viaggiare da sola in questo modo. Quanti anni hai,
quindici?-
-Diciassette.-
ribatte lei
L’altro scuote il capo poco convinto
e prosegue:
-Vediamo se indovino:
hai subito violenza da qualche familiare?-
La ragazza abbassa la testa. Le ci
vuole un po’ prima di dire:
-Mio padre. È venuto
in camera mia sin da quando avevo 11 anni e mi ha violentata praticamente tutte
le notti da allora. Ho provato a dirlo a mia madre ma non ha voluto credermi.
Alla fine non ce l’ho fatta e sono scappata.-
-Potevi rivolgerti
alla Polizia.-
-Mio padre è la
Polizia… il Capo della Polizia della mia città.-
L’uomo resta spiazzato per un
attimo. Corruga la fronte riflettendo per qualche istante poi dice:
-Se le cose stanno
come dici, consegnarti alle autorità, che ti riporterebbero semplicemente a
casa, è fuori questione e di certo non me la sento di lasciarti qui da sola. È
un bel dilemma: che devo fare con te adesso?-
La ragazza china il capo e rimane silenziosa
in attesa. Alla fine l’uomo dice:
-Va bene: per il
momento verrai con me, poi vedremo.-
La ragazza abbozza un sorriso e
mormora:
-Grazie.-
Si avviano verso un’auto
parcheggiata poco distante e lui chiede:
-A proposito, non so
ancora il tuo nome.-
-Sally… Sally-Anne
Carter.- risponde la ragazzina.
L’uomo scoppia a ridere e lei lo
guarda perplessa.
-Che c’è di tanto
divertente?- chiede a sua volta.
-Anch’io mi chiamo
Carter: Rufus D. Carter per la precisione, ma è improbabile che siamo parenti.
Certo, magari un paio di secoli fa i miei antenati erano schiavi dei tuoi,
quindi chissà?-
-Ah, io non credo che
i miei antenati possedessero schiavi ma…-
-Scherzavo.-
Raggiungono una Grand Cherokee.
Rufus aiuta la ragazza a sistemare le sue cose ed a salire a bordo.
-Bella macchina.-
commenta Sally-Anne.
-Grazie, è in
leasing. Ora allacciati bene la cintura perché si parte.-
Dopo il discorso all’Assemblea delle
Nazioni Unite Nina ha seguito Rupert Kruger sino ad una elegante palazzina in
stile georgiano nella Quinta Avenue a Manhattan. È la sede locale del Club
Infernale e lei ha una specie di tessera omaggio della sede di Londra donatale
da Parnival Plunder[6] che
spera valga anche qui. Parnival… non lo ha più sentito da quando si sono
separati, chissà cosa sta facendo adesso? È stato carino con lei a suo tempo.
L’invito è valido e dal suo tavolo
Nina, o meglio Belinda, ha modo di osservare Kruger mentre cena con una ragazza
molto bella e molto appariscente che avrà almeno la metà dei suoi anni e che le
sembra in qualche modo familiare. Quasi certamente l’ha vista sulla copertina
di una rivista patinata.
Il Principe ha gusti molto
sofisticati e costosi anche in fatto di donne, il che non è affatto una
sorpresa per Nina. Chissà se dopo cena approfitterà delle stanze dei piani
superiori messe a disposizione dei soci e degli ospiti? Se lo facesse, le
renderebbe le cose più facili.
-La cena è stata di
suo gradimento, Miss?- le chiede un solerte ed attraente cameriere.
-Era ottima, grazie.-
risponde Nina con un sorriso.
-Per qualunque cosa
le serva, io ed il resto del personale siamo a sua completa disposizione.-
C’è un sottinteso forse? Non ha
importanza, in questo momento lei non può permettersi distrazioni per quanto piacevoli.
-Credo che prenderò
un dessert.- si limita a dire.
Goditi la tua serata, Rupert, pensa,
potrebbe essere l’ultima.
4.
Si fermano ad un
motel poco fuori El Paso e Rufus Carter si trova ad affrontare le prime
difficoltà del portarsi dietro una minorenne per giunta bianca.
-È mia figlia.-
afferma.
Il gestore del motel rivolge uno
sguardo perplesso prima al maturo afroamericano con la benda sull’occhio e poi
alla ragazzina all’apparenza minorenne bionda e con gli occhi azzurri..
-Figliastra in realtà.-
precisa Carter con un sogghigno -Mia moglie me l’ha lasciata sul groppone
quando se n’è andata un paio d’anni fa.-
Mentre parla appoggia sul bancone un
paio di banconote da certo dollari.
-Capisco.- mormora il
gestore facendo rapidamente sparire le banconote in un cassetto -Camera
matrimoniale quindi?-
-Non ci siamo
proprio, amico.- lo apostrofa Carter con durezza -Due camere vicine,
possibilmente comunicanti.-
-Credo di averne
giusto un paio.-
-Bravo. Più tardi,
non so quando esattamente, verrà quest’uomo -Carter fa vedere all’uomo una foto
del suo cellulare -Lo mandi subito da me. Se dovesse cercarci qualcun altro,
chiunque sia, mi avverta immediatamente.-
Carter lascia cadere sul bancone
altri cento dollari verso cui il gestore allunga la mano ma l’altro gli afferra
il polso.
-Spero di essere
stato chiaro.- dice in tono decisamente minaccioso.
-C… certo. Se qualcun
altro vi cerca io non so chi siete e vi avverto.-
-Sei un tipo
sveglio.-
Carter prende le chiavi e si fa
indicare dove sono le stanze rifiutando ogni aiuto per portare i bagagli.
-E adesso?- gli
chiede Sally-Anne prima di entrare nella sua stanza.
-Adesso tu fai una
bella doccia. Ti riposi un po’ quindi ti metti addosso qualcosa di pulito e
vieni da me. È meglio stare uniti.- replica lui.
-Perché? Hai paura
che succeda qualcosa di brutto? Qualcuno ti dà la caccia?-
-Non esattamente ma
potrebbe farsi viva gente molto pericolosa per cui fa come ti ho detto.-
-E poi?-
-Aspetteremo.-
Separatosi dalla ragazza Rufus si
chiude la porta alle spalle, si spoglia completamente e si dedica ad una serie
di esercizi fisici. Soddisfatto del risultato si infila sotto la doccia e
lascia che il getto d’acqua lavi via tutto il sudore poi torna nella stanza e
si riveste con cura. Quello che vede allo specchio sembra un incrocio tra John
Shaft e Nick Fury e l’idea lo fa sorridere.
Sally-Anne arriva poco dopo
indossando una camicetta a fiori annodata sul seno, shorts di jeans e stivali.
Lui le rivolge un’occhiataccia.
-Cosa c’è che non va?
Non ti piace?- chiede lei con aria innocente.
-Punto primo: non
sono affatto sicuro che questi siano abiti adatti ad una ragazzina della tua
età.- replica Carter.
-Non sono una
bambina.-
-Punto secondo: il
look alla Daisy Duke non è certo il più adatto se vuoi passare inosservata.-
-Daisy chi?-
-Lascia stare.-
Prima che Rufus possa aggiungere
altro, si sente bussare alla porta ed una voce maschile dice:
-Carter, sei lì? Sono
io.-
Carter si mette un dito sulle labbra
e fa cenno a Sally-Anne di allontanarsi dalla porta poi estrae una pistola
dalla fondina ascellare quindi afferra la maniglia della porta che apre
bruscamente.
Davanti a lui c’è un uomo sui
quarant’anni che veste un completo color blu marina e che non si scompone nel
vedersi puntare sul naso la canna di una Desert Eagle.
-Ehi, Rufus, li
accogli sempre così gli amici?- esclama in tono gioviale.
-La prudenza non è
mai troppa.- ribatte, serio, l’altro -Per quanto ne sapevo, potevi avere una
pistola puntata alla nuca.-
-Anche questo è vero.
Posso entrare adesso?-
Il nuovo venuto entra nella stanza
mentre Carter chiude la porta alle loro spalle e si blocca nel vedere
Sally-Anne. Con aria severa si volge verso Carter e gli dice:
-Non dirmi che te la
fai con le bambine adesso, ti prego.-
-Non sono una
bambina, ho diciassette anni.- ribatte, piccata, Sally-Anne.
-Io direi al massimo
quindici. Allora, Rufus, sto aspettando una spiegazione convincente.-
Rufus Carter spiega all’amico i
retroscena del suo incontro con Sally-Anne ed infine conclude:
-Capirai anche tu che
in quelle circostanze non avevo altra scelta che portarmela dietro.-
-Lo capisco sì ma
anche tu capisci che questo ci complica enormemente le cose. Ma ho dimenticato
le buone maniere. Mi scuso per non essermi presentato prima, Miss Carter: io mi
chiamo Philip Dexter.-
-Ex agente
dell’I.C.E., della C.I.A., dello S.H.I.E.L.D. e… da quante altre agenzie ti sei
fatto cacciare Phil?-
-Troppe.- ammette
l’altro scrollando le spalle.
-Non ho mai
conosciuto un agente dello S.H.I.E.L.D.- dice Sally-Anne.
-Beh, non siamo tanto
diversi dagli altri esseri umani: gioiamo, piangiamo, se ci feriscono
sanguiniamo, se ci uccidono talvolta ci resuscitano usando DNA alieno.-
ribatte, sogghignando, Dexter.
-Mi sta prendendo in
giro?-
-Appena un po’ e
quella faccenda del DNA pare che sia vera ma non è successo a me.-
-Notizie dei nostri
amici?- chiede Rufus.
-Sono già qui. Li ho
visti nel diner dall’altra parte della strada. Il problema è che non ho potuto
avvicinarmi. Conoscono la mia faccia e non parliamo della tua.-
-Eppure mi piacerebbe
poter sentire cosa si dicono.- borbotta Carter.
-Potrei andare io.-
interviene Sally-Anne -Non solo non mi conoscono ma non sospetterebbero di una
ragazzina.-
I due uomini si scambiano
un’occhiata e poi quasi all’unisono esclamano:
-Assolutamente no!-
Adele Javert è immersa così tanto
nei suoi pensieri che l’uomo seduto davanti a lei nel ristorante di un famoso
hotel di New York deve ripetere due volte:
-Tutto bene Adeline?
Non hai quasi toccato cibo.-
-Cosa?- esclama lei,
perplessa poi si affretta a rispondere -Scusa Philippe, non mi sento troppo
bene. Credo che tornerò in camera a sdraiarmi un po’.-
-Hai bisogno di un
dottore, ricordati che domani hai la gara.-
-Mi sento solo stanca
e non preoccuparti per la gara. Domani sarò in forma.-
L’uomo non dice niente ma la osserva
mentre si allontana. È chiaro che la sua figliastra ha qualche preoccupazione
ma è altrettanto chiaro che non gliene parlerà. Deve avere pazienza con lei
come sempre.
Adele rientra nella sua stanza ma
riposare non è nei suoi pensieri. Ci ha provato a restarne fuori, a dirsi che
non la riguarda ma non può negare la verità: quello che vuole fare Klaus è
sbagliato e lei deve impedirlo.
Prende una valigia, la getta sul
letto e la apre rivelando un doppio fondo che contiene un costume violetto ed
una spada dalla lama scintillante: la spada di suo padre, la sua eredità.
Il sottile rumore di un
percussore che scatta, una lancia che si muove velocissima trafiggendo la mano
di un uomo facendogli cadere di mano una pistola che ha sparato a vuoto. L’uomo
urla ancora più forte quando Okoye ritira la lancia la cui punta trancia
spietatamente carne, tendini e nervi.
-Vi avevo avvertito.- dice semplicemente l’ex
Dora Milaje.
Si
muove con la grazia di una ballerina mulinando la sua arma e colpendo gli
avversari con il piatto della lama abbattendoli uno dopo l’altro senza che loro
riescano a colpirla.
Tiberiu
Bulat è indeciso se provare a spararle o scappare quando la decisione gli viene
strappata letteralmente di mano: il Leopardo Nero arriva sulla scena, gli
afferra il polso e glielo torce.
-È finita, Bulat.- dice.
-Non prima di averti ammazzato!- ribatte il
vecchio.
Estrae
un coltello con la mano sinistra e cerca di infilarlo nell’addome del suo
avversario che fa un sospiro e mormora:
-Idiota.-
Un
attimo dopo Tiberiu Bulat si ritrova a terra senza nemmeno capire come e quando
alza la testa le forze dell’ordine stanno già facendo irruzione nell’edificio.
Le tre donne armate con cui i gangster si sono scontrati poco prima si fermano
accanto al Leopardo Nero.
-Grazie.- gli dice la bionda in abito rosso
-Ora tocca a noi.-
Punta
la pistola contro il viso di Bulat e dice:
-Tiberiu Bulat, sono l’Agente Speciale
Katherine Carter dell’I.C.E. e ti dichiaro in arresto per aver violato una
tonnellata di leggi sull’immigrazione più svariate altre di cui ti informeranno
le mie colleghe. Fai una mossa falsa e ti faccio saltare la testa.-
Bulat sputa e replica:
-Lurida p…-
La
donna preme con forza il tacco della sua scarpa sinistra contro il palmo della
mano destra del rumeno strappandogli un grido e ribatte:
-Hai il diritto di restare in silenzio e ti
consiglio di esercitarlo o potrebbe venirmi la tentazione di spararti
comunque.-
La
lettura dei diritti a Bulat ed ai suoi uomini sopravvissuti prosegue mentre
vengono ammanettati per poi essere portati via. In quel momento arriva la
guardia giurata che sembrava essere stata uccisa dagli incursori e che poi si è
rivelata essere ben viva.
-Tutto a posto Detective Ortega?- chiede
l’altra agente bionda, che sfoggia un distintivo del F.B.I. appeso al collo,
aggiustandosi un paio di occhiali sul naso.
-Forse ho un paio di
costole rotte e di certo il petto mi fa un male cane ma il giubbotto
antiproiettile ha retto ai colpi.- risponde il giovane detective del NYPD
sforzandosi di sorridere.
-Non sarebbe servito a
molto se avessero mirato alla testa.- commenta, acida, la terza donna: capelli
rossi, occhiali a specchio che nascondono gli occhi e volto spigoloso.
-Bisogna pur correre
qualche rischio in questo lavoro, Tenente von Richthofen.- replica il Detective
-Con un cognome come il suo dovrebbe sapere cos’è l’audacia.-
-Apprezzo
l’impertinenza solo quando viene da me, Ortega.-
-Ricevuto, Signora.-
-Ehi, dov’è finito quel
Leopardo Nero?- esclama l’Agente del F.B.I. Mi sono voltata un attimo e sono
spariti.-
-Lui e la sua amichetta
se la sono filata senza salutare come fanno sempre quelli come loro, Agente
Brandon.- replica Katherine Carter.
L’Agente Speciale del
F.B.I. Donna Brandon scrolla il capo e l’altra prosegue:
-La notte è ancora giovane, che ne direste se
andassimo a farci una birra e raccontarci le nostre avventure?-
-Che è un’ottima idea.- ribatte Molly von
Richthofen con un sogghigno.
5.
La
ragazza bionda con la camicetta a fiori annodata al seno, i mini shorts gli
stivaletti e gli occhi coperti da occhiali a specchio entra nel locale e si
guarda rapidamente intorno poi si dirige al bancone.
-Saalve.- dice con un evidente accento del
Profondo Sud -Vorrei tre hamburger giganti di cui uno con la mostarda, due
Budweiser e una coca da portar via.-
-Spiacente ma sei minorenne e non posso
venderti alcolici.- replica il gestore.
-Ma le birre sono per mio padre e mio zio che
mi aspettano al motel qui di fronte.- protesta lei.
-Spiacente, niente da fare.-
-E se ti dicessi che ho più di ventun anni?-
-Ti chiederei di mostrarmi la patente o un
altro documento che lo provi.-
-Uffa, sempre la stessa storia.-
-Le compro io le birre.-
A
parlare è stata una donna anche lei dai capelli biondi che indossa giubbotto e
pantaloni di pelle nera e occhiali scuri ed è apparentemente sui trent’anni
abbondanti. Guarda il gestore e aggiunge:
-Suppongo che di me si fiderà se le dico che ho
più di ventun anni.-
L’uomo
la osserva. Bel corpo, tonico, scattante, lineamenti regolari e raffinati,
labbra piegate in una smorfia crudele. Si è alzata da un tavolo dove siede
ancora un uomo dai capelli neri vestito con un impeccabile completo scuro e gli
occhi nascosti da occhiali da sole che, come la sua compagna, non si è mai
tolto. Ha l’aria di un agente federale o di un killer della Mafia. In ogni caso
sono entrambi tipi da prendere con le molle.
-Nessun problema.- conclude il gestore.
-Bene. Metta l’ordinazione della signorina sul
mio conto.-
-Graazie.- dice la ragazzina.
-È stato un piacere.- replica l’altra
accennando un sorriso.
Aspetta
che le abbiano consegnato l’ordinazione e l’accompagna sino all’uscita
ignorando lo sguardo corrucciato del suo compagno di tavolo. Una volta fuori
dice:
-Ecco fatto, così quell’idiota può dire di non
aver venduto alcol ad una minorenne. Dimmi la verità: tu non hai davvero ventun
anni, giusto?-
La
ragazza fa un largo sorriso e risponde:
-Ne ho diciassette.-
-Più che sufficienti in questo Stato per fare
certe cose ma non per bere. Certe leggi sono davvero assurde, non pensi,
tesoro?-
-Oh certo, grazie ancora.-
-Di nulla, chissà che non ci si possa rivedere
prima di ripartire?-
-Chissà.?-
La
ragazza si dirige verso il motel mentre l’altra donna rimane a guardare
<<Datti una mossa, dannazione…. E
smettila di sculettare.>>
La
voce di Rufus Carter echeggia nel dispositivo Bluetooth inserito negli occhiali
della ragazza.
-Cerco di mantenermi fedele allo stereotipo
della sexy ragazza di campagna sudista.- sussurra Sally-Anne Carter in
risposta.
<<Beh, muoviti comunque.>>
Poco
dopo la giovane entra nella stanza del motel, si sfila gli occhiali, e li porge
a Phil Dexter chiedendo:
-Com’erano le riprese?-
-Buone considerate le condizioni.- risponde lui
-La microcamera ed il microfono direzionale negli occhiali hanno funzionato a
dovere dopotutto. Ora scarico il video e poi vedremo di aggiustarlo. Sei stata
brava. Potresti avere un futuro come spia.-
-Dici davvero?-
-Pensa a completare gli studi prima.-
interviene, brusco. Rufus Carter.
-Non cominciare a comportarti come se fossi mio
padre. -replica Sally-Anne.
-Spero proprio di no, visto come si comportava
lui con te.-
-A quanto pare hai suscitato l’interesse di
Kestrel, Sally-Anne.- dice, in tono divertito Dexter -Dopo che sei entrata nel
diner era decisamente ipnotizzata da… ehm… le tue tette ed il tuo
fondoschiena.-
-Kestrel? Vuoi dire quella donna? Sì me n’ero
accorta. Che razza di nome.-
-Il suo nome in codice. Ben meritato: è davvero
un animale da preda, micidiale come il gheppio.-
-Tu la conoscevi?- chiede Rufus.
-Abbiamo fatto una missione insieme quando
anche lei era nella C.I.A. e dire che era spietata e senza cuore è minimizzare
le cose. Ora è una free lance e ci si trova bene.-
-Beh, anche noi siamo free lance adesso.-
-Ma ci poniamo dei limiti, lei no.-
-È un’assassina?- chiede ancora Sally-Anne.
Anche.- risponde Rufus -Lei ed il tizio con cui
viaggia, Max Hunter, sono dei professionisti dell’omicidio, della tortura e di
altre cose poco piacevoli.-
-Allora sono qui per uccidere qualcuno? Chi? Voi siete qui per impedirlo?-
Un bel po’ di domande, ragazzina.-
-Ed io dico che si è meritata le risposte.-
ribatte Dexter.
Rufus
Carter sospira poi si decide a parlare:
-Molto bene, Sally-Anne, visto che ti ho
infilata in questo pasticcio, mi sembra giusto che tu sappia perché domani
potresti essere ammazzata.-
Sally-Anne
è scossa da un brivido.
-Ehi!- esclama improvvisamente Dexter -Qualcosa
deve essere andata storta. Forse Kestrel ha dei sospetti.-
-Che intendi dire?- gli chiede Rufus.
-Sta venendo proprio da questa parte.-
L’uomo
che si fa chiamare Leopardo Nero salta di tetto in tetto sino a raggiungere una
palazzina nel cuore di Harlem. Appollaiato con disinvoltura su un cornicione
apre senza difficoltà una finestra ed entra in una stanza da letto arredata
spartanamente. Qui si sfila la maschera rivelando il volto di un uomo di colore
tra i trenta ed i quarant’anni dalla testa rasata ed il volto incorniciato da
corti baffi ed una barba appena accennata.
Quasi
subito dopo dalla finestra entra anche la donna chiamata Okoye.
-Questa storia della giustiziera mascherata è
davvero divertente.- dice in lingua wakandana togliendosi la mascherina domino
che porta sul viso.
-Davvero?- ribatte nella stessa lingua, con un
sorrisetto, l’uomo che si fa chiamare Thomas Chalmers -E ti diverte anche
essere Dora Milton, impiegata del Centro Donne Maltrattate?-
Okoye
riflette qualche istante poi risponde:
-Al principio no, era solo un mascheramento per
tenere d’occhio la situazione di quelle donne che abbiamo liberato qualche sera
fa, ma ora… sì mi piace quello che faccio lì, anche se è frustrante vedere e
sentire certe cose sapendo che non posso risolvere tutto con una freccia o un
colpo di lancia.-
-Benvenuta nella realtà. Qui le cose sono più
complicate che nel Wakanda e le regole sono diverse.-
-E tu sei venuto qui. Hai lasciato il trono,
quasi tutti ti credono morto. Avresti potuto andare dovunque nel mondo, fare
qualunque cosa volessi ed invece sei venuto in questa città, in questo
quartiere con un’identità fittizia, lavorando come assistente sociale per uno
stipendio che è solo una minima frazione delle ricchezze a cui hai rinunciato.-
-Non ne avevo davvero bisogno mentre mi serviva
stare in contatto con la gente ed i suoi veri problemi. T’Challa è morto ma
Thomas Chalmers ha molto da fare -
-Quando ti ho seguito sin qui, ho pensato che
fosse perché c’era lei ma da quando sei arrivato non hai nemmeno provato a
cercarla.-
-Monica? Meglio che anche lei continui a
credermi morto e si rifaccia una vita lontano da me.-
-E per te vale lo stesso, Mio Sig…T’Challa? Non
vuoi un’altra compagna?-
Okoye
si avvicina a T’Challa e contemporaneamente si slaccia il vestito lasciandolo
cadere a terra.
-Okoye… non mi sembra una buona idea.- dice lui
-Non dire cose che si vede che non pensi e
lasciati andare.-
Gli
getta le braccia al collo e lo bacia. Dopo un momento di esitazione lui
risponde al bacio e la stringe a sé.
Il
Ducato di Lichtenbad è, lo abbiamo già detto, una piccola nazione ma è anche
piuttosto ricca e di sicuro lo è la sua famiglia regnante, abbastanza da far sì
che il Principe Rupert si possa permettere una suite in uno dei più famosi e
costosi hotel di New York.
Nina
McCabe lo ha visto rientrare assieme alla sua amichetta della serata e quando è
stata sicura che non si sarebbero mossi per l’intera notte si è recata
nell’appartamentino che mantiene nei pressi dell’università con il nome di
Belinda Swann e si è messa il suo completo dei Cigno Nero: calzamaglia nera
sgambata e stivaletti dello stesso colore, bandana nera attorno ai capelli
biondi , pugnali e sai alle fondine assicurate alle caviglie ed alle cosce,
nunchaku alla cintura e katana a tracolla.
Una
volta pronta torna verso l’hotel e si posiziona sul tetto riflettendo su come
agire nel modo migliore per portare a termine il suo compito. Improvvisamente
si irrigidisce, sorride e dice:
-Puoi anche uscire dal tuo nascondiglio
Spadaccina, lo so che sei qui: non puoi nasconderti ad una ninja.-
Si
volta con calma e si trova di fronte una giovane donna che indossa un costume
violetto la cui parte superiore del volto è celata da un cappuccio con grandi
lenti a specchio. Nelle sue mani una spada intarsiata con gemme colorate sulla
lama.
-Perché sei qui?- le chiede Cigno Nero -Il tuo
amico Duca non si fida di me?-
-Klaus non c’entra.- ribatte l’altra -Sono qui
perché non posso restare a guardare mentre commetti un omicidio.-
-La dizione corretta è: assassinio su
commissione. Ma parliamo di te. Dopo il nostro precedente incontro,[7] mi
sono informata: c’era un supercriminale mercenario, francese come te, che si
faceva chiamare lo Spadaccino ed usava una spada identica alla tua. Alla fine
passò dalla parte dei buoni, divenne perfino un Vendicatore e morì eroicamente.[8] Fammi
indovinare: tu sei sua figlia e vuoi riscattare il suo buon nome continuando da
dove lui si è interrotto. Ci ho azzeccato?-
L’altra
non parla ma serra le labbra. Cigno Nero prosegue:
-Ci ho azzeccato. Ti avverto ragazza, per
quanto tu sia brava, io lo sono di più. Se combattiamo, io potrei essere
costretta ad ucciderti. Non farmelo fare.-
Per
tutta risposta la Spadaccina punta la sua spada alla gola della sua avversaria
ed esclama:
-En garde!-
EPILOGO
Il funerale del
Detective Peter Denyse e degli altri agenti di Polizia morti con lui si svolge
in una giornata di sole alla presenza di tutti i pezzi grossi della Polizia,
tutti in alta uniforme.
Le bare vengono calate
nelle fosse accompagnate da una salva di dodici colpi di fucile. Subito dopo le
bandiere che erano state poste loro sopra, debitamente ripiegate, vengono
consegnate ai familiari.
Un poliziotto con gli
occhiali e le mostrine da capitano sulle spalline dell’uniforme si avvicina ad
una giovane eurasiatica vestita con un sobrio tailleur gessato nero come i
lunghi capelli che le ricadono sulla schiena e le porge la bandiera dicendo:
-Lui avrebbe voluto che la tenesse lei, Miss
Ishikawa.-
-Grazie.- mormora lei poi scoppia in un pianto
dirotto.
Una ragazza giapponese
dai capelli corti che sta al suo fianco vestita di blu la abbraccia per
confortarla. Nei suoi occhi brilla il fuoco della vendetta.
CONTINUA
Giunti
alla fine di quest’episodio, ci sono un bel po’ di cose da dire, quindi non
perdiamo tempo:
Come avrete notato, miei molto meno di 25
lettori, invece di riprendere da dove ci eravamo interrotti nello scorso
episodio, abbiamo introdotto una nuova trama e ripreso le fila di un paio di
trame rimaste in sospeso più o meno dal numero 100. Seguiremo una struttura
simile anche nel prossimo episodio sino chiudere tutte le trame rimaste in
sospeso con il n. 101 e proseguire con le nuove, ma non temete, il fato di
Daken, Elektra e Clive Reston vi sarà rivelato molto presto. Per una curiosa
coincidenza abbiamo in quest’episodio ben tre personaggi che di cognome fanno
Carter ma non sono imparentati tra loro anche se mi sono divertito a far agire
insieme due di loro.
1)
Anche
Katherine Carter è un personaggio Marvel preesistente, anzi: è il più vecchio
di tutti quelli qui presenti e viene da un contesto decisamente inaspettato
vista la sua attuale professione. Ne saprete di più in futuro. Per ora mi
limito a dirvi che è stata creata da Stan Lee & Stan Goldberg.
2)
Sulla
Spadaccina c’è poco da dire se non che vi converrà tenere d’occhio il suo
maestro e patrigno. Un piccolo indizio: il suo nome proprio ed il cognome usato
anche dalla Spadaccina, potrebbe dirvi qualcosa. -_^
3)
La
B.W. Service Inc. era già apparsa su Devil & la Vedova Nera Next e qui
abbiamo il suo debutto ufficiale nel tempo presente. Ora una breve panoramica
sui suoi membri, tutti apparsi in storie Marvel sia precedenti che successivi
all’inizio di Marvelit ed alcuni, a loro volta appartenenti a continuity
diverse da quella tradizionale denominata comunemente 616.
4)
Alphonso “Mack” MacKenzie, è stato
creato da Bob Harras & Paul Neary su Nick Fury vs SHIELD #3 datato agosto
1988. Nella nostra continuity è uno scrittore di successo a cui evidentemente
la “pensione” va un po’ stretta.
5) Kathryn
O’Brien è stata creata da Garth Ennis & Lewis La Rosa su Punisher Vol. 7 #1
datato marzo 2004. Viene dal cosiddetto Universo Max. è già apparsa su Devil
& la Vedova Nera #97 dove abbiamo anche appreso che ha un passato in comune
con il Punitore ancora tutto da scoprire
6) Rufus
Carter è stato creato da Doug Moench & Mike Zeck su Shang Chi Master of
Kung Fu Vol. 1° #96 datato gennaio 1991. Come descrivere la mia versione?
Diciamo Chuck Norris se fosse afroamericano? -_^
7)
Phil
Dexter, Sally-Anne Carter, Kestrel e Max Hunter sono stati tutti creati da
Richard K. Morgan & Bill Sienkiewicz su Black Widow Vol 3° #1 datato
novembre 2004. Con Sally -Anne lo ammetto, mi sono diverto a giocare con lo
stereotipo della ragazza del Sud succintamente vestita ed un po’ ingenua
popolarizzata nei fumetti da Daisy Mae, la compagna di Lil Abner, ed alla TV da
Daisy Duke nel telefilm Hazard.
8) Emmy
Doolin è stata creata da Larry Hama & Marc Silvestri su Wolverine Vol. 2°
#46 datato settembre 1991.
9) Jill
Harper è stata creata da Frank Marraffino & Fernando Blanco su Marvel
zombie Supreme #1 datato maggio 2011.
10) Chris
Elder è stato
creato da Mark Waid & Chris Samnee su Black Widow Vol 6° #2 datato giugno
2016.
11) Lola
Braccia è stata creata da Simon Furman & James Raiz su Amazing Fantasy Vol.
2° #16 datato febbraio 2006.
12) Ritroverete
la Vedova Nera e Al MacKenzie su Devil & la Vedova Nera #102 che si svolge
più o meno parallelamente a questo episodio.
13) Il
Detective Ismael Ortega è stato creato da David Hine & David Yardin su
District X° #1 datato luglio 2004.
14) Chi
sono l’eurasiatica Miss Ishikawa e la sua vendicativa amica giapponese? Forse
qualcuno l’ha indovinato, gli altri dovranno avere pazienza
Nel
prossimo episodio… ma scopritelo tornando qui, vi aspetto.
Carlo
[1] Per maggiori particolari
al riguardo, vedi Devil & La Vedova Nera #100/102.
[2] Immigration and Custom Enforcement.
[3] Avvenuta su Gli
Incredibili X-Men MIT #30.
[4] Su Devil & la Vedova
Nera #100, per la precisione.
[5] Lo avete visto su Gli
Incredibili X-Men MIT #38.
[6] Alias il Saccheggiatore.
[7] Nell’episodio #99.
[8] Come narrato nel
leggendario Giant Size Avengers #2 (prima edizione italiana Thor, Corno,
#138/139).